Google v.s. Microsoft La guerra dei mondi digitali

Patrick:

Riporto un articolo che ho appena letto da Repubblica perchè molto interessante e ricco di spunti…:

SE VI DICESSERO che fra dieci anni non ci sarà più la Microsoft, che Bill Gates, il padrone di quella cosa che si chiama Windows e che accende il vostro computer ogni mattina, sarà un ormai anziano signore che rivanga in ogni intervista sui tempi andati in cui comandava il mondo, ci credereste? Potrebbe andare così o tutto al contrario, con Gates ambasciatore del mondo presso gli abitanti segreti di Marte. Se è poi questo ciò che ci interessa. Perché il punto vero è che questa guerra commerciale dichiarata ieri da Google a Microsoft potrebbe cambiare ancora più rapidamente il modo in cui viviamo, conosciamo, comunichiamo. Di “incredibile”, in questo campo, c’è molto poco.

Chi avrebbe definito credibile, dieci anni fa, che quella paginetta bianca del motore di ricerca, con quello strano logo a due “o”, avrebbe cambiato il mondo fino a far parlare di “economia della conoscenza”?

E chi avrebbe detto che una sua azione avrebbe avuto in borsa un valore di quasi venti volte superiore a quelle di Bill Gates? Così come sarebbe stato difficile prevedere che un giochino per impallinati, che è ciò che in tanti pensavano di Twitter, avrebbe messo in crisi per giorni e giorni la polizia di uno dei paesi più occhiuti e autoritari del mondo. Eppure è successo.
Adesso succede che Google ha deciso, a partire dal 2010, di lanciare – o far lanciare da altri – sul mercato nuovi computer che non avranno bisogno di Windows per partire e funzionare. Al suo posto ci sarà un sistema operativo alternativo, che si chiamerà “Google Chrome Os”. Sarà un software di base realizzato a Mountain View ma come si dice in gergo “open source”, cioè liberamente modificabile (e quindi capace di auto-implementarsi) da quel vasto movimento di “scrittori di codice”, contrari alla posizione ultradominante di Microsoft e uniti in una sorta di movimento di democrazia tecnologica. Fin qui il “sistema operativo”.


E i programmi per lavorare? Niente sulla “macchina”, che dovrà essere economica, leggera, senza spese. Poco computer, tanto Internet. Il “ferro” conta e vale sempre meno. Conoscenze e capacità, dati e programmi, professione e lavoro, e soprattutto abitudini di vita e di pensiero. Tutto, ma proprio tutto, si sposta sulla rete. L’uomo Google è “always on”, sempre collegato in rete.

Tra gli esperti – ieri la blogosfera, soprattutto americana, brulicava di migliaia di interventi e analisi – già si moltiplicano le obiezioni sulla fattibilità dell’operazione. Qualcuno fa notare che con i “netbook”, commercializzati anche in Italia, è stato già provata la soluzione “open source” e che i risultati commerciali non sono poi stati brillantissimi. Altri dicono che non si capisce chi penserà alla manutenzione, allo sviluppo del sistema, laddove attorno al “mondo Microsoft” oggi esiste una vera e propria economia, che provvede a tenere in piedi e far avanzare Windows e le applicazioni della sua galassia. Ma questa guerra è bilaterale e bisogna capire dove va a parare.

In realtà, con l’annuncio del computer senza Windows, Google ha solo risposto a un colpo che aveva ricevuto. Poco più di un mese fa, Microsoft ha lanciato “Bing”, il suo motore di ricerca. Grande clamore, grandi presentazioni, tante notizie positive sulla buona accoglienza da parte del pubblico. Ma in realtà una creaturina fragile e bisognosa di cure, proprio come il sistema operativo di Google appare in queste ore.
La logica del risiko, finanziario e pubblicitario, questa è. Ognuno dice di voler fare il mestiere dell’altro. Il motore di ricerca dice di poter diventare gestore dei nostri computer, cioè del nostro lavoro e dei nostri pensieri. Quelli che oggi hanno in mano i computer vogliono il pubblico del motore di ricerca per poterselo vendere alla pubblicità. In ballo non ci sono tecnicalità: ci siamo noi. Il nostro tempo, le nostre letture, i nostri gusti, i nostri acquisti (l’economia della conoscenza). Il tempo che passiamo, e che passeremo sempre più, attaccati al nostro strumento di lavoro collegato alla rete (e a un telefono: sia Microsoft che Google hanno loro soluzioni per gli “smart phone”). La competizione è a tutto campo.

Sotto le due sigle ci sono “mondi” di cose che avvengono e milioni di esseri umani che agiscono. È vero che il grosso dei soldi entrambi lo prendono dalle loro attività originarie. Microsoft dalla vendita dei programmi. Google con quella pubblicità di cui ha quasi il monopolio, fatta di “sponsored links”, quella che mentre scrivi un messaggio al tuo amico di Londra, fa apparire la scritta “Voli economici per Londra! Clicca qui”. Ma per il resto è una sorta di battaglia navale; posta gratuita contro posta gratuita, video contro video, social network contro social network, messaggerie contro messaggerie.

Microsoft ha alcuni vantaggi: milioni di utenti iscritti nel mondo dei giochi (la Xbox) che poi formano su Internet vere e proprie comunità di persone. Vende musica on line (ciò che Google non fa), ha un portale con milioni di iscritti (Msn). Ha i nostri nomi, i nostri indirizzi di posta, sa chi siamo. Viene da una tradizione industriale: “possiede” le persone, teoricamente può associare gli utenti dei sistemi operativi (oltre 60 milioni) che girano sui pc di tutto il mondo. Eppure fa fatica. Perché è “vecchia”. Lo spirito della rete sta con la “grande G”.

La “macchina” di Brin e Page – il cui algoritmo di base è il segreto meglio tenuto della rete – è ormai capace di “mappare” i pensieri della gente in tempo quasi reale. Se è vero che sulla base delle ricerche con la parola “influenza” e di quelle che ne descrivono i sintomi, è stato possibile tracciare il “cammino” dell’epidemia attraverso gli Stati Uniti, è pur vero che esiste ormai una Paura-Google in giro per il mondo.
Protestano e temono gli editori di giornali e televisioni, che si vedono “aggregati” e “disseminati” da Google News e da YouTube (che è proprietà della “G”), con perdita di lettori, dicono i giornali, e danno per i diritti, dicono le tv. Si lamentano gli editori di libri. La pubblicità è stata rivoluzionata dagli “sponsored links” (il 30 per cento di tutta la pubblicità on line è di Google) e dall’acquisizione di aziende specializzate nella “profilazione” degli utenti e della pubblicità mirata (Doubleclick).

Tutti temono la capacità di Google di disgregare le industrie che tocca, di svalutarne il contenuto, “regalandolo” poi alle persone che lo usano senza apparenti sacrifici di privacy e di “appartenenza” che Microsoft impone loro. Apparentemente. Google è un “ambiente” trasparente, funzionale, efficiente. Ci “si vive” bene. La sua efficienza è ormai proverbiale: a differenza di Microsoft, quando dichiara di voler realizzare qualcosa è più veloce e puntuale del concorrente nato negli anni ’80, nonostante abbia meno dipendenti e ingegneri. Google è “piacevole” da usare, ha il consenso dei suoi. Esiste un’opinione pro Google almeno quanto esistono gli antipatizzanti di Microsoft.

Ma la sua macchina sa tutto di noi: può collocare gusti, conoscenze e valori al posto giusto sulla mappa di un quartiere. E senza far nomi. E qualcuno, all’antitrust americana, comincia a fare domande scomode. Ma nel duello con Microsoft, la G ha nelle ali il vento della rete, la sua ricchezza sono gli utenti che lo istruiscono e fanno crescere ogni giorno, ricerca dopo ricerca, come un grande Blob dell’informazione. Forse Bill Gates deve pensare sul serio a preparare quelle interviste.”

Fonte: Repubblica